Nato a Nuoro nel 1965 e vive ad Alghero (SS) con la moglie
Marica e le due figlie Elena e Valentina. Laureato in Scienze Agrarie
a Sassari, ha conseguito un Dottorato in Bioteconologie microbiche.
Lavora alla “Porto Conte Ricerche” in qualità di Ricercatore in
progetti legati all’agro-alimentare. Gli piace scrivere,
fotografare, andare in moto, suonare la chitarra ed ha la passione
per l’homebrewing. Autore di diversi articoli scientifici su
differenti aree tematiche. Ha collaborato con alcune riviste di
divulgazione scientifica. Il romanzo “I quaderni di Don Michè”,
è la sua prima esperienza letteraria.
Ama
le poesie di F. G. Lorca e P. Neruda. Italo Calvino, John Fante,
Garcìa Marquez, Jonathan Franzen e Alessandro Baricco sono alcuni
degli autori che ricorda per la capacità di trasmettere emozioni tra
le più diverse. Non disdegna però la lettura di evasione di Andrea
Camilleri e Gianrico Carofiglio. Pur non essendo un cultore del
genere “giallo” ne ama i tempi e la struttura. Tutte queste
influenze crede possano ritrovarsi, in diversa misura, tra le pagine
dei quaderni.
Sinossi
Gli eventi occasionali e fortuiti possono stravolgere la vita soprattutto quando sono tragici come quelli accaduti a Michele Sanna: un tranquillo barista di un paese qualsiasi di una qualsiasi provincia. Un marito, padre di due figli: Giovannino e Lucia. Unico hobby la caccia. Come regalo di compleanno, decide di far partecipare il suo primogenito ad una battuta. Questo è l’episodio che rappresenta la chiave di volta della sua vita e di quella della sua famiglia. Michele Sanna, infatti, lascia il figlio Giovannino in una posta e si allontana per essere sicuro che non ci siano pericoli nella zona. Al suo ritorno troverà delle sterpaglie imbrattate di sangue.La scoperta del corpo senza vita del bambino avverrà dopo due giorni di ricerche...
Un
brano
Volevo
solo tornare a casa, avevo necessità di vedere Lucia, di
rinfrancarla, di scusarmi per la mia involontaria assenza. Di
rincuorarla. Avevo bisogno di unirmi alla vita che era. Prima, però,
volli tornare alla piana delle ginestre: volevo tornare lì dove la
fine aveva avuto inizio.
Iniziava
a nevicare quando uscii di casa, una neve fitta e silenziosa. La
neve, ha un suono tutto suo: ha una gamma di silenzi che se uno ne
avesse la cognizione, la degusterebbe come un gran vino corposo. C’è
il silenzio del bianco, c’è quello dello spostamento d’aria che
genera il fiocco che scende e c’è quello del fiocco che cade
sull’altro.
Ma
quello che determina in maniera più netta il silenzio della neve, è
quello di ciò che cessa di sentirsi quando la neve cade. Avvertivo
quella mancanza in maniera nettissima.
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