È la notte più lunga che l'End of the road bar abbia mai avuto. Sette sconosciuti, condotti lì da un'invisibile volontà, raccontano le loro vite a Penny, la glaciale e misteriosa cameriera pronta a raccogliere le loro confessioni tra un drink e l'altro. E così, ora che i primi quattro clienti hanno messo a nudo le loro esistenze, è giunto il turno degli ultimi tre. Un rocambolesco viaggio tra le bianche cupole di Roma, le guglie sferzate dal vento di Norwich, le caleidoscopiche vie di New Orleans e le infinite lande ghiacciate dell'Antartide. Segreti, amori inconfessabili e crimini efferati si susseguono in un complesso arazzo che inizia a concedere le sue risposte alla più grande domanda dei sette. Cosa ci fanno veramente lì? Alla fine l'alba giungerà come una luce rivelatrice; i segreti verranno svelati, il misterioso filo che attraversa le vite dei sette verrà finalmente dipanato e Penny mostrerà il suo vero volto, gettando una fosca luce sul loro destino finale.
Intervista
Quando è nata in te la necessità di scrivere?
Fin da piccolo ho sempre sentito la necessità di
raccontare, in qualunque forma: dal disegno, alla recitazione, al canto.
Scrivere è stato un modo per dare vita al mio mondo interiore, farne una foto
da regalare a chi avesse voglia di osservarla e magari chissà, di parlarne.
Da dove prendi ispirazione per i tuoi scritti?
Per
quanto riguarda End of the Road Bar, l’idea di un gruppo di persone con un
pesante bagaglio emotivo da scaricare riunite in un luogo particolare, ameno,
mi girava in testa da un bel po’. L’ambientazione,
poi, è nata una mattina all’alba, dopo aver accompagnato un’amica a prendere il
treno nella piccola stazione di un paesino umbro. Tornando a casa con gli occhi
pieni di sonno mi sono accorto di un piccolo locale cui non avevo mai prestato
molta attenzione: si tratta di un bar per ferrovieri, mezzo nascosto da una
siepe poco curata. Il nome, “Il Capolinea”, ha fatto nascere in me una
scintilla. Da lì, l’idea della “fine della strada” e del bar.
Sei uno scrittore metodico o impulsivo?
Scrivo di getto, compulsivamente, a volte per ore di
seguito. Se uno scampolo di storia si impossessa di me sono capace di andare
avanti senza sosta, finché non mi “svuoto”. Nelle settimane in cui la storia mi
vortica per la mente, poi, non riesco a pensare ad altro.
Quando hai capito qual era il genere giusto da
scrivere per te?
La narrativa ha sempre fatto parte del mio
mondo interiore, ancor prima che come scrittore come lettore. Ho accarezzato e
spesso accarezzo ancora l’idea di fare un’immersione in un altro genere ma
credo che rimarrei comunque attaccato ai temi a me cari, quelli maggiormente antropocentrici.
Ci sono nuovi progetti per il futuro?
I miei progetti sono sempre impregnati
di musica, arte e letteratura: ciò che conta per me è che questi pilastri
continuino a sostenere il mio mondo e che io possa dividermi fra di essi con la
leggerezza che concede solo la libertà di esprimersi.
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End of the road bar
End of the road bar 2


Ho letto i tuoi libri che ho apprezzato moltissimo.Bravo Daniele
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