Presto avrebbe messo su quell’angelo, definitivamente, il marchio del diavolo.
Londra 1833
Eve e Richard, l’angelo e il diavolo. Si sono incontrati a Londra, durante la Stagione, la debuttante più ambita e l’uomo più chiacchierato. Lei è figlia di un duca potente, lui un marchese di oscure origini ignaro di chi sia il suo vero padre. Eppure, nulla e nessuno è riuscito a tenerli lontani: hanno provato ad opporsi alla scintilla scoccata all’inizio, salvo poi arrendersi al fuoco della passione. Una passione proibita, peccaminosa, incancellabile. Ma una sera, a Vauxhall, accade l’irreparabile: Simon, il fratello di Eve, li scopre. Deluso e arrabbiato, per separarli rivela a Eve il segreto di Richard, il suo peccato più grande. Uno shock e l’inevitabile gelo tra i due. Da brava ragazza che ama la propria famiglia, lei cerca di ricomporre i pezzi del suo cuore, di continuare la Stagione frequentando George, un caro amico. Eppure, ogni sera, a ogni diversa occasione mondana, uno sguardo di ghiaccio, furioso, bramoso, disperato, la segue, la bracca, non l’abbandona. Chi è davvero Richard? Il mostro che ha dipinto suo fratello o l’uomo tenero e generoso che si è rivelato con lei? Riuscirà a scoprirlo davvero? Avrà il coraggio di seguire il suo cuore o si piegherà alle convenzioni?
Anche Simon è turbato: ormai ha scoperto che dietro i panni della modesta dama di compagnia, Celeste, si nasconde una donna affascinante. Perché non mostrare tale bellezza? Da cosa si nasconde? Il mistero lo intriga, mentre cresce l’attrazione per una donna del tutto inadatta a diventare una duchessa.
Anche Celeste è innamorata di Simon ma sa che il suo è un amore impossibile: nasconde infatti un segreto che non solo metterebbe in pericolo l’uomo, ma potrebbe togliergli anche il titolo e l’onore.
Tornano gli eredi dei Tresham nel secondo capitolo della trilogia: vecchi e nuovi amori, passioni, colpi di scena e sconcertanti segreti.
«Ho voluto che fosse mia, prima di essere di un altro».
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«Mi ero sbagliato clamorosamente. Non hai il coraggio di
compiere le tue scelte da sola; hai paura Eve, di me, di quello che ti facevo
provare e hai preferito scappare e rifugiarti dietro tuo fratello, la
protezione della tua famiglia. Dimmi, come si sta su quel piedistallo? Cosa si
prova a essere un’algida principessa, incapace di abbandonarsi all’amore e alla
passione? Sei bellissima, saresti il sogno di qualsiasi uomo ma poi chi ti
conosce bene scopre la tua freddezza, viene gelato dal tuo temperamento.
Davanti a quell’alterigia non c’è bellezza che tenga. Preferisco le donne come
la contessa: calde, disponibili, generose, che le statue marmoree, perfette ma
insoddisfacenti». Lei aveva assorbito ogni parola come se fosse una ferita ma non
sarebbe stata ferma a lasciarsi insultare. Era forte e glielo avrebbe
dimostrato. Non sarebbe stata mai più la sua vittima. «Aveva ragione Simon,
sai? Sei un bastardo, non di nascita, perché a me quello non è mai interessato.
Sei tu il vero codardo; sei tu che hai preferito restare immobile, preso nelle
vecchie abitudini, invece di mostrare di poter cambiare davvero, forse perché
non ci riesci, forse perché non sei così forte come credi».
Poi, scioccata da quello che gli aveva detto,
dalla tempesta di sentimenti che aveva dentro, incommensurabilmente ferita
dalle sue parole, si girò pronta a uscire. Si avvicinò alla maniglia della
porta. Stava per abbassarla quando lui le disse: «Dodici». Si girò e lo guardò
perplessa, non capendo cosa volesse dire. «Dodici sono i balli che hai fatto:
due con il caro George: due con l’erede di Clarence, due con il duca di
Montaigne, uno con lord Percy, Wilmore, Fredericson e Montagu; infine uno a
testa con i tuoi fratelli». Lo guardava a bocca aperta, attonita, poi gli occhi
le si inumidirono. Come erano arrivati a quello? Lui continuò. «Come vedi
continuo a contare i balli che regali agli altri, quelli che sottrai a me.
Avrei dovuto esserci io al tuo fianco. Tu avevi scelto me e non uno di quei
maledetti damerini. Questo bastardo» e si toccò il petto, con la mano aperta,
sul cuore. «Questo reietto ti aveva conquistato, era riuscito a sciogliere il
tuo ghiaccio e a tirare fuori la tua vera natura: calda, dolce, appassionata.
Tu mi rendevi felice. Ora non sono altro che l’ombra di me stesso. Forse hai
ragione e forse ce l’ho anch’io. Siamo entrambi dei codardi perché non stiamo
combattendo per quello che di bello c’è stato tra noi ma lo stiamo uccidendo,
perché non ammettiamo di avere bisogno l’uno dell’altra; perché preferiamo
vivere nella consuetudine piuttosto che accettare il rischio che un’unione tra
noi comporta».
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