23 giugno 2016

THE DARK ZONE SPAZIO AUTORI

FRANCESCA NOTO

Francesca Noto, classe 1977, nata e cresciuta a Roma, città dove tutt’ora vive con il marito e le due figlie, si è laureata a 22 anni in lettere antiche con indirizzo archeologico, ma subito dopo ha abbandonato le sue velleità da Lara Croft per diventare giornalista e traduttrice di romanzi e riviste. Appassionata di heroic fantasy, scherma medievale, equitazione, giochi di ruolo e videogiochi fin da bambina, è stata caporedattrice del magazine Pokémon Mania nonché docente di game design allo IED di Roma. Il suo lavoro e i suoi interessi l’hanno spesso condotta all’estero, in particolare negli Stati Uniti, paese a cui è molto legata. Il segno della tempesta, concepito nel periodo dell’università, abbandonato e ripreso più volte e poi concluso in tempi più recenti, è il suo romanzo d’esordio.
 
Il segno della tempesta di [Noto, Francesca]
 
 
 
 
 
 
 
Sinossi
 
Lea Schneider ha un dono, o forse una maledizione. Riesce a percepire con impressionante chiarezza le emozioni altrui. È sempre stato un fardello complicato da gestire, in grado di trasformare la sua adolescenza in un inferno. Anni dopo, le sue capacità tornano a manifestarsi con forza. In preda a strani sogni premonitori, Lea decide di fuggire verso la regione più selvaggia della Florida, dove è stata concepita vent’anni prima.
Ciò che non sa è che quel viaggio ‒ come il suo dono ‒ fa parte di un disegno più grande. Chi è Sven, il ragazzo senza un passato e dotato di capacità ben più potenti delle sue? Nuove forze scoprono le carte di una partita antica, di cui i due giovani sono il fulcro.
Lea e Sven si troveranno nel mezzo del conflitto tra i Waerne, antichi guardiani della nostra realtà, e i Fjandar, asserviti a esseri che di questo universo non fanno parte, ma che diverse volte hanno interferito con le sue sorti. Mentre un portale tra i mondi rischia di essere profanato, Lea dovrà trovare il coraggio di guardarsi dentro e affrontare le proprie paure.
Intanto, Ragnarök, il crepuscolo del mondo, si avvicina...
 

Lasciamo la parola all’autrice:

 
        Perché una lettrice dovrebbe leggere il tuo libro?
 
Be’, in primo luogo, direi per il messaggio positivo e di speranza che vuole trasmettere: per questo ho voluto scrivere per un target fondamentalmente adolescenziale (sebbene il romanzo possa essere fruito anche da fasce di età più elevate), perché quando ho iniziato a scriverlo ero poco più che un’adolescente anche io, e le domande fondamentali che si affrontano nella storia sono quelle che soprattutto in quel periodo della vita finiscono per diventare quasi assillanti. In particolare, quesiti come: “Cosa ci faccio qui? Qual è il mio posto nel mondo? Sto facendo le scelte giuste e troverò la mia strada? Tutto parte da lì... e poi prende svolte inattese. Ma di fatto, anche se i miei protagonisti hanno capacità “speciali”, quello che cerco di trasmettere al lettore è che ciascuno di noi, in qualche modo, è speciale ed è chiamato a compiere qualcosa di grande, nella sua esistenza.
 
 
        Che cosa c’è di innovativo e quali sono gli elementi di continuità con il genere o con la tradizione?
 
Difficile definire davvero “innovativo” un romanzo, di questi tempi; a mio parere, solo pochi grandi autori riescono a tracciare strade nuove. Posso dire di aver attinto a piene mani da una commistione di generi. Nel mio libro ci sono elementi di urban fantasy e di romance, ma riprende anche certi canoni del romanzo di formazione e si ispira alle saghe norrene, dando loro una spiegazione “moderna”. Se poi ci sono elementi innovativi in questo intreccio, probabilmente saranno i lettori a deciderlo!
 
 
        Che cosa ti ha spinta a scrivere?
 
Ho sempre amato scrivere, fin da quando ero bambina. Il primo “romanzo” (chiamiamolo così!) l’ho buttato giù a undici anni! Ho sempre scritto unicamente per me stessa, perché avevo in testa una storia e volevo darle un compimento di qualche tipo. In qualche modo, mi sono anche trovata un lavoro che ha a che fare con la scrittura creativa (sono traduttrice di romanzi e giornalista), ma prima della pubblicazione de Il segno della tempesta non mi sono mai considerata una “vera” scrittrice, una “novelist”, per dirla con il termine inglese. E anche Il segno della tempesta sarebbe rimasto nel proverbiale cassetto (dove di fatto è rimasto per quasi sedici anni) se non fosse stato per la mia “talent scout” e attuale editrice, Francesca Costantino, che mi ha incoraggiato a fare il grande salto e tentare questa nuova avventura.
 
        Da che cosa è nata la storia? Quali sono state le fonti di ispirazione?
 
Le origini risalgono a un viaggio in Florida del 1999. Mi ero innamorata di certe suggestioni e certi paesaggi, e questa storia ha cominciato a “cantarmi” dentro, come i suoi personaggi. In realtà, all’inizio non sapevo neanche dove voleva puntare. Era molto più romance che fantasy, se vogliamo. Successivamente, nella sua seconda stesura, ha trovato la sua costruzione definitiva, senz’altro più matura (erano anche passati quindici anni!). In realtà non ho avuto una fonte d’ispirazione univoca e definita. C’è un po’ di tutti gli autori che negli anni mi hanno definito e mi hanno ispirato nello stile e nella narrazione, dal fantasy classico che leggevo da adolescente a certo Stephen King delle origini (ho sempre amato il modo in cui sa tratteggiare i suoi personaggi e le loro emozioni), ai tanti autori che ho tradotto nel corso degli anni.
 
 
 
        Quando scrivi? E come? in modo organizzato e continuo o improvviso, discontinuo?
 
Avendo un lavoro autonomo che mi prende tanto tempo, weekend compresi (e per fortuna mi piace, sennò sai che tragedia!), un marito e due bambine, gli unici momenti davvero adatti alla concentrazione che mi serve per scrivere sono la mattina presto e la sera tardi, quando in casa tutti dormono, il cellulare tace e l’atmosfera diventa particolare, quasi magica. Ideale per raccogliere le idee, prendere un gran respiro e lasciare che la storia prenda forma e il flusso di scrittura diventi torrenziale come deve essere. Per i motivi già detti, mi trovo per forza a scrivere in modo organizzato e il più possibile continuo, e non posso permettermi il lusso dell’ispirazione improvvisa... anche se a volte, quando l’idea che cercavo da un po’ viene fuori, mollo tutto e butto giù qualcosa prima di perdermela nel nulla e mangiarmi le mani!
 
 
        Quali strategie hai adottato per promuovere il tuo libro e che tipo di strumenti hai usato – e usi- per proporlo all'attenzione dei tuoi potenziali lettori?
 
Innanzitutto devo dire che con Astro Edizioni ho avuto e sto avendo tanto supporto e tanto aiuto, in questo senso. Per me, ovviamente, questa era e continua a essere un’esperienza nuova, in cui mi sto affidando a chi ha più esperienza di me, “buttandomi” però senza paura in ogni occasione che mi viene proposta o che vedo aprirmisi davanti. In questo concordo con la mia editrice: l’autore può e deve fare tutto il possibile, in prima persona, per far conoscere la sua opera, e questo può fare la differenza. Sto usando molto i social network, cerco di partecipare a tutte le fiere di settore dove mi è possibile essere presente (l’esperienza dello scorso Romics, ad aprile, è stata inebriante, e devo assolutamente ringraziare Francesca Costantino per questo: il libro ha fatto il “tutto esaurito” nella sola giornata di giovedì, e abbiamo dovuto ristamparlo di corsa!), e sto cercando di sfruttare anche tutti i miei contatti lavorativi per farmi conoscere meglio e promuovere il romanzo su vari canali. Ho deciso di partecipare anche a un premio letterario... vediamo cosa ne verrà fuori!
 
        Progetti per il futuro?
 
In effetti, sto già pensando a un prequel-sequel per Il segno della Tempesta. In realtà il romanzo in sé è autoconclusivo, ma lascia comunque aperte delle possibilità per narrare ulteriori storie all’interno dello stesso “lore”. Di idee in testa ne ho tante, e credo che approfitterò della quiete relativa delle ferie di agosto per cominciare a scrivere seriamente.
 
 
        Tre persone da ringraziare
 
Innanzitutto Francesca Costantino, la mia editrice, che ha creduto in me e nelle possibilità del mio romanzo quando non ci credevo neanche io; poi mio marito, Marco Accordi Rickards, che in quel fatidico viaggio in Florida era presente, e senza il quale il personaggio di Sven non sarebbe mai esistito. E ultima, ma non per importanza, Mila, la mia prima figlia, il piccolo angelo che veglia su di me da lassù, e a cui devo e dovrò sempre tutta la mia vera forza.


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