26 maggio 2018

ROMANZO CRIMINALE

Oggi vi parlo di uno dei romanzi italiani che più mi ha lasciata senza parole e incollata alle pagine. Una storia che tratta di uno spaccato del nostro tempo.
Una storia vera ... incredibilmente vera...


GIANCARLO DE CATALDO

ROMANZO CRIMINALE

 
 
Romanzo criminale
                                 

Recensione

De Cataldo: ai banditelli la periferia non basta più

Marco Neirotti, Tuttolibri - La Stampa

Nascono e crescono nella periferia dolente e invadente di Roma. Nascono banditelli e crescono ambiziosi. Tanto che la periferia non basta più, è la capitale che li attira, ne vogliono essere i re. E’ così che gli eroi maledetti del Romanzo criminale danno l’assalto alla città, fra droga e prostituzione, videogiochi ed estorsioni, sequestri di persona e corruzione, fino alle peggiori collusioni con politica, mafia, servizi deviati.
E’ una bellissima storia, uno straordinario film. Ma, appena ti ci infili dentro, capisci che è cronaca giudiziaria di una dozzina d’anni di malavita vera nella capitale e non solo. E’ la storia della banda della Magliana - tra personaggi reali e altri inseriti ad arte, tra ammazzamenti che fecero scalpore e altri figli dell’inventiva del narratore - banda protagonista a partire da fine Anni 70 di notti e sangue e titoli di giornale.
Giancarlo De Cataldo è giudice di Corte d’Assise, con una vocazione al narrare, tra romanzi, racconti, sceneggiature, saggi e testi teatrali. In questo caso si è buttato in una sfida ardita: una vicenda che parte dalle sfilacciate fila di duri di borgata per arrivare a un intreccio nazionale da brivido, una quantità di personaggi che ti fanno temere di perdere il controllo del loro intersecarsi, una varietà di poteri in contrasto o in combutta che a chi non ha seguito con attenzione le cronache dell’epoca potrebbero far pensare a fantasia pura.
De Cataldo ricrea una Roma tanto ineccepibile quanto in bianco e nero. A colori ci sono loro, i ragazzi della periferia che si alleano, diventano gruppo, sognano di diventare «re» della capitale, guidati dal Libanese, l’uomo più riflessivo, lungimirante del gruppo, l’unico in grado di salvare una coalizione così sciagurata, aggressiva, fatta di egocentrici, egoisti, miopi del male.
Reggere oltre seicento pagine senza scivolare nel documentaristico, nel didascalico, non era facile. Invece scivolano via, gli anni della Magliana, tra balordi incerti e altri spietati, puttane di lusso e 007 sporchi più nella dignità che nella morale, boss mafiosi e politici. Mentre, scorrendo il tempo, incontriamo il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro, i sequestri di persona a scopo d’estorsione o a scopo politico, i funerali del grande statista, come Enrico Berlinguer, che a uno dei balordi fa pensare stupefatto: «Che cosa mai spinge centomila persone a strapparsi i capelli per un pezzo di carne morta?».
Su questo intreccio spaventoso, ma sciorinato con pazienza, lavorano un magistrato onesto ma pacato, fiducioso ma prudente, e un commissario tanto testardo, tanto kamikaze quanto intriso di umanità spicciola, debolezze e desideri, fierezza e abbandoni. E’ una battaglia che appare senza limiti di tempo: crescono, i ragazzi della periferia, crescono e ammazzano e stringono un patto straordinario, di quelli che appaiono inscindibili, come il fondo comune che pagherà la «stecca» a chi finisce dentro, che aiuterà le famiglie, che penserà agli avvocati onesti o più spavaldi, come quello che asserisce che «i processi non si fanno in aula ma fuori dalle aule».
Era onestamente difficile mettere su un romanzo così denso, così affollato di persone (eppure non te ne scordi nessuno di questi Sorcio, Freddo, Dandi, Ranocchia, Nero) così come di agguati, trattative, corruzioni e commistioni. De Cataldo ci è riuscito usando l’esperienza di giudice come memoria da cui pescare, ma comportandosi da narratore puro, libero, svincolato da qualsiasi ricostruzione saggistica o giudiziaria. Ed è per questo che racconta una macabra epopea del male da dentro, senza giudizio mai sugli uomini, ma rappresentandoli nella loro quotidiana grandezza esterna e miseria interna, fino allo sfaldarsi del branco, al ritorno a un individualismo che era il punto di partenza. Romanzo e, insieme, verità su cui fermarsi a pensare.

RECENSIONE

Leggere questo genere di storie riesce sempre a scatenarmi una miriade di sentimenti contrastanti.
Partiamo dalla bravura dell'autore che è riuscito a centrare l'attenzione su fatti storici di un periodo buio tutto italiano che non si studia a scuola e spesso è sconosciuto o approssimativo nelle coscienze di chi non ha vissuto il periodo storico in prima persa.
Una storia densa di moment importanti che hanno segnato le vite di chi in quel periodo temevano per la loro sicurezza nessun luogo era al sicuro nessun soggetto era esente perché era sufficiente trovarsi a camminare nella strada sbagliata per perdere la vita.
Da questo romanzo sono seguiti film e serie televisive di successo che hanno portato alla ribalta criminali spietati che hanno inchiodato l'Italia alla paura.
Leggiamole queste storie, impariamone l'essenza per comprendere il passato e migliorare il nostro futuro.

CONSIGLIATO

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