“Le donne che hanno cambiato il mondo non
hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza”
Rita
Levi Montalcini
Quando con Daniela
Ruggero abbiamo pensato a creare “Storie di donne” , abbiamo stilato un
elenco a cui ci è sembrato doveroso
dedicare la nostra attenzione, donne che hanno lasciato un segno nella storia.
Quando Daniela mi chiese a chi volessi dedicare il mio primo articolo, non ho
avuto dubbi.
Ho deciso di iniziare da
una donna straordinaria, immensa, per la quale nutro profonda ammirazione.
Sto parlando di Rita Levi
Montalcini.
Poche righe non bastano
per descrivere la grandezza di questa donna che ha fatto dell’amore per la
cultura e dell’impegno per la scienza la sua missione, la sua vera ragione di
vita.
“Nella vita non
bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella
“zona grigia” in cui tutto è abitudine.”
Rita Levi Montalcini era
nata a Torino nel 1909 a Torino. Era figlia di colti borghesi di origine
ebraica e all’età di vent’anni entra alla scuola medica di Levi e si laurea nel
1936.
Rita studia e si laurea
in un periodo storico in cui erano poche le donne istruite, in cui al contrario
era ancora alto il tasso di analfabetismo e la donna sembrava avere come
maggiore ambizione un buon matrimonio. Nel peggiore dei casi, la donna era
costretta a contrarre matrimoni combinati con perfetti sconosciuti, rivestendo
esclusivamente il ruolo di madre e di moglie.
A causa delle leggi razziali
emanate dal regime fascista nel 1938, Rita è costretta ad emigrare in Belgio.
Seguiranno anni difficili e travagliati, quelli della seconda guerra mondiale,
in cui di certo non c’era spazio per le ricerche scientifiche.
Donna dotata di una
grande forza d’animo, aveva saputo affrontare con coraggio i momenti più
difficili della sua vita, come quello della discriminazione razziale tanto da
affermare di “…non temere i momenti difficili, il meglio viene da lì.”
Rita però dimostra una
grande determinazione nel proseguire la sua carriera accademica come assistente
e ricercatrice in neurologia e psichiatria. Per fare ciò sarà costretta a
girovagare, prestando la sua collaborazione come medico volontario tra gli
Alleati.
Negli anni seguenti,
l’America sarà per Rita la sua seconda casa. Lì vivrà fino al 1977 rivestendo
incarichi prestigiosi, diventando professore di Neurologia.
Tra il 1951-52 scopre il
fattore di crescita nervoso, noto come NGF. Per circa trent’anni dedicherà il
suo studio e le sue ricerche a questa molecola proteica e al suo meccanismo
d’azione.
Grazie al suo impegno,
allo studio e alla determinazione giunge a delle importanti scoperte in questo
campo, tanto che nel 1986 le viene conferito il Premio Nobel per la medicina
con la seguente motivazione:
“La scoperta del NGF
all’inizio degli anni ’50 è un esempio affascinante di come un osservatore
acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i
neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione
degli organi e tessuti dell’organismo,”
Rita Levi Montalcini è
stata membro delle più importanti accademie scientifiche internazionali, è
stata sempre attiva in campagne di interesse sociale, per esempio contro le
mine antiuomo o per la responsabilità degli scienziati nei confronti della
società.
Nel 1992, assieme alla
sorella gemella Paola, istituisce la fondazione Levi Montalcini in memoria del
padre, rivolta alla formazione e all’educazione dei giovani.
Con la fondazione
conferisce borse di studio a giovani studentesse africane a livello universitario
allo scopo di creare una classe di giovani donne che svolgano un ruolo di
leadership nella vita scientifica e sociale del loro paese.
Rita affermava: “A
vent’anni volevo andare in Africa per curare la lebbra. Ci sono andata da
vecchia, ma per curare l’analfabetismo che è molto più grave della lebbra.”
Una donna forte dal
pensiero assolutamente affascinante che è morta a 103 anni nel dicembre del
2012.
Mi piace concludere con
un altro dei suoi pensieri:
“Credo che il mio
cervello, sostanzialmente, sia lo stesso di quando ero ventenne. Il mio modo di
esercitare il pensiero non è cambiato negli anni, E non dipende certo da una
mia particolarità, ma da quell’organo magnifico che è il cervello. Se lo
coltivi, funziona. Se lo lasci andare o lo metti in pensione si indebolisce. La
sua plasticità è formidabile. Per questo bisogna continuare a pensare.”
Silvia Maira

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