20 dicembre 2019

La storia sconosciuta degli eroi non noti della nave Avviso Veloce Diana


A cura di Silvia Maira

La nave Avviso Veloce Diana è solo una delle tante navi delle Regia Marina che furono affondate nel Mediterraneo.
Una tra le centinaia di navi, ma a bordo c'erano tanti uomini che non sono più tornati a casa dalla guerra.
L’unità, era partita da Messina il 28 giugno del 1942 per portare materiale e personale a Tobruk.
Alle 11.25 del 29 giugno 1942, mentre era in navigazione alla volta di Tobruk , il Diana fu avvistato dal sommergibile britannico Thrasher.
 Alle 11.44 il Thrasher lanciò sei siluri da circa 550 metri di distanza: colpito da due o quattro siluri (il sommergibile inglese rivendicò infatti non meno di quattro armi a segno), il Diana s'inabissò rapidamente,75 miglia a nord del Golfo di Bomba, in Cirenaica, trascinando con sé i tre quarti degli uomini a bordo.
Alcune motosiluranti di scorta, dopo aver infruttuosamente attaccato il Thrasher, prestarono i primi soccorsi.
Più tardi, tra il 29 ed il 30 giugno, giunse sul posto la nave ospedale Arno che si occupò, seppure in condizioni di mare mosso, del recupero di tutti i superstiti: 119 uomini. Le perdite umane ammontarono a 336 tra morti e dispersi. 
 Un sopravvissuto raccontò che nel momento in cui la nave fu colpita dal primo siluro si trovava in sala sottoufficiali a giocare a carte con i compagni, quando avvertì una misteriosa vampata di calore che lo costrinse a uscire dalla stessa sala per andare in plancia.
Si trovava lì da qualche istante, il tempo di accendersi una sigaretta, quando arrivarono altri due siluri, uno a poppa e uno in prossimità della cabina sottoufficiali, che morirono.
Lui venne sbalzato in acqua ma a testa in su e fu così che si salvò dalla morte.
Lo stesso raccontò di non essere salito su una delle ciambelle per lasciare spazio ai feriti, ma vi rimase aggrappato. Quando la nave ospedale Arno giunse sul posto non lo aveva notato. Cercò con tutte le sue forze, da nuotatore esperto qual era, di farsi notare, ma non poté avvicinarsi alla nave, altrimenti rischiava di essere risucchiato dalle pale dell'elica.
Stremato e sconvolto si stava abbandonando alla stanchezza e alla sua tragica fine, quando un uomo dal ponte lo notò e gridando "uomo in mare" fece spegnere  i motori salvandolo da una fine tremenda.

Possiamo solo immaginare lo scenario infernale di quei tragici momenti, il dolore straziante di chi ha capito che la propria vita sarebbe finita in quella tragica circostanza.
Da allora sono trascorsi settant'anni, per le famiglie sono troppi senza un familiare tragicamente scomparso e pochi per dimenticare.

"Erano padri, figli, giovani marinai la cui vita era stata spezzata e i cui corpi erano stati inghiottiti e mai restituiti dalle gelide acque del mare. Erano giovani che non erano mai invecchiati, che non avevano una tomba su cui le madri, le mogli e i figli potevano portare un fiore piangendo e sfogando la loro disperazione. Erano figli mai morti e mai trovati, semplicemente dispersi. Affondati con le loro navi, sprofondati negli abissi in qualche remoto angolo di mare, insieme ai loro sogni, alle loro speranze, ai loro progetti… Erano uomini dimenticati, figli di una storia non celebre, eroi sconosciuti senza volto, di cui nessuno avrebbe mai parlato, il cui ricordo sarebbe rimasto eterno soltanto nel cuore di chi aveva amati." (Dal libro Una Promessa per sempre, Bertoni Editore.)



Attraverso questa rubrica, vorrei trovare le famiglie degli eroi sconosciuti del Diana, affinché possano dare un nome e un volto ai congiunti che non sono più tornati, per  poterne parlarne e raccontarci chi erano prima di indossare la divisa della Regia Marina.



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