Ci sono libri che non
sono semplici da leggere e sono altrettanto difficili da recensire.
Ciò accade perché
trattano temi estremamente delicati.
Questo è il caso del
libro di Massimo Algarotti, L’astronauta dal cuore di stagno, pubblicato da ODE
Edizioni.
Il libro trae spunto da
una storia vera. È la storia di una giovane donna, Aleida, che appena
diciannovenne si innamora di un ragazzo
e crede di essere ricambiata con la stessa intensità, ma la sua è un’illusione.
Infatti, non appena scoprirà di essere incinta e lo comunicherà al suo
compagno, immaginando che lui farà salti di gioia, rimarrà profondamente
delusa, perché il padre del bambino, l’uomo che lei amava, scomparirà dalla
circolazione, non si farà né vedere né sentire e la lascerà da sola ad
affrontare, nonostante la giovane età, l’esperienza più difficile e incredibile
della sua vita: la gravidanza.
Aleida, futura mamma che
non ha una mamma al fianco perché quest’ultima è molto concentrata su se stessa
e sulla sua vita, non ha che il suo papà su cui fare affidamento e Selima, la
sua più cara amica.
Con loro condividerà il
lungo e difficile periodo della gestazione, i malesseri, le ansie e le paure,
ma anche le emozioni, come quando scoprirà di aspettare una bambina che
chiamerà Zoe.
Il libro è il racconto
intenso di ogni momento di quei nove mesi ed emerge chiaramente lo stato
d’animo di Aleida che spesso è in preda a momenti di angoscia sul futuro, altre
volte si abbandona a momenti molto teneri in un intimo dialogo con la sua
bambina alla quale acquista giocattoli o vestitini.
La storia di Aleida
potrebbe sembrare una storia come tante e forse lo è, ma è una storia dolorosa,
una di quelle senza un lieto fine, lo preannuncia la stessa protagonista fin
dalle prime battute.
Il libro infatti è
narrato quasi prevalentemente in prima persona, tranne qualche capitolo in
terza persona che, attraverso la tecnica del flashback, ci consente di
conoscere il passato di Aleida. Questo lo rende ancora più intenso dal punto di
vista emozionale. Zoe fa parte di quei bambini che non vedranno mai la luce,
una bimba nata con gli occhi chiusi, il cui cuore ha smesso di battere prima
ancora di nascere.
Aleida, che ha sognato
per nove mesi, come ogni mamma, di stringere la sua Zoe, riceverà il dolore più
grande che la vita avrebbe potuto riservarle.
In preda a quel dolore
devastante dedica alla sua bambina delle parole dolcissime e commoventi:
“Sei la
mia astronauta dal cuore di stagno: naviga senza paura e vienimi a trovare
quando ti manco. Segui le coordinate delle mie lacrime e dei miei pensieri e mi
troverai…”
Il lettore rimane lì,
con il cuore spezzato, perché non si può non essere partecipi del dolore di
Aleida, non si può non piangere per lei
e per Zoe.
È veramente incredibile
come uno scrittore sia riuscito a dar voce in maniera così reale ad una
protagonista femminile e renderla vera, come sia riuscito a interpretare
l’animo femminile in un momento così delicato e unico per una donna.
Questo libro è uno
straziante grido di dolore, un libro che non si dimentica, non adatto a tutti
forse, ma che vale assolutamente la pena leggere.
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