20 ottobre 2021

Recensione a cura di Silvia M. : L'astronauta dal cuore di stagno di Massimo Algarotti.

 


Nove mesi per prepararsi ad accogliere Zoe: c'è un mondo da disegnare, da creare, una stanza da preparare con amore e perseveranza, soprattutto quando la solitudine piomba all'improvviso nella vita di Aleida.
Zoe è una bambina che nasce con gli occhi chiusi a causa di una stella filante che voleva solo abbracciarla più forte. Grazie alla vicinanza di Selima, immensa amica, di suo padre e di un nuovo compagno, Aleida scopre che il destino traccia un solco su cui la vita affonda sempre le proprie radici per costruire, in ogni caso, un futuro.
Un viaggio che porta con sé Santa Lucia, Caravaggio, il Petrichor e un'Astronauta dal cuore di stagno.

Recensione a cura di Silvia M.

Ci sono libri che non sono semplici da leggere e sono altrettanto difficili da recensire.

Ciò accade perché trattano temi estremamente delicati.

Questo è il caso del libro di Massimo Algarotti, L’astronauta dal cuore di stagno, pubblicato da ODE Edizioni.

Il libro trae spunto da una storia vera. È la storia di una giovane donna, Aleida, che appena diciannovenne  si innamora di un ragazzo e crede di essere ricambiata con la stessa intensità, ma la sua è un’illusione. Infatti, non appena scoprirà di essere incinta e lo comunicherà al suo compagno, immaginando che lui farà salti di gioia, rimarrà profondamente delusa, perché il padre del bambino, l’uomo che lei amava, scomparirà dalla circolazione, non si farà né vedere né sentire e la lascerà da sola ad affrontare, nonostante la giovane età, l’esperienza più difficile e incredibile della sua vita: la gravidanza.

Aleida, futura mamma che non ha una mamma al fianco perché quest’ultima è molto concentrata su se stessa e sulla sua vita, non ha che il suo papà su cui fare affidamento e Selima, la sua più cara amica.

Con loro condividerà il lungo e difficile periodo della gestazione, i malesseri, le ansie e le paure, ma anche le emozioni, come quando scoprirà di aspettare una bambina che chiamerà Zoe.

Il libro è il racconto intenso di ogni momento di quei nove mesi ed emerge chiaramente lo stato d’animo di Aleida che spesso è in preda a momenti di angoscia sul futuro, altre volte si abbandona a momenti molto teneri in un intimo dialogo con la sua bambina alla quale acquista giocattoli o vestitini.

La storia di Aleida potrebbe sembrare una storia come tante e forse lo è, ma è una storia dolorosa, una di quelle senza un lieto fine, lo preannuncia la stessa protagonista fin dalle prime battute.

Il libro infatti è narrato quasi prevalentemente in prima persona, tranne qualche capitolo in terza persona che, attraverso la tecnica del flashback, ci consente di conoscere il passato di Aleida. Questo lo rende ancora più intenso dal punto di vista emozionale. Zoe fa parte di quei bambini che non vedranno mai la luce, una bimba nata con gli occhi chiusi, il cui cuore ha smesso di battere prima ancora di nascere.

Aleida, che ha sognato per nove mesi, come ogni mamma, di stringere la sua Zoe, riceverà il dolore più grande che la vita avrebbe potuto riservarle.

In preda a quel dolore devastante dedica alla sua bambina delle parole dolcissime e commoventi:

“Sei la mia astronauta dal cuore di stagno: naviga senza paura e vienimi a trovare quando ti manco. Segui le coordinate delle mie lacrime e dei miei pensieri e mi troverai…”

Il lettore rimane lì, con il cuore spezzato, perché non si può non essere partecipi del dolore di Aleida,  non si può non piangere per lei e per Zoe.

È veramente incredibile come uno scrittore sia riuscito a dar voce in maniera così reale ad una protagonista femminile e renderla vera, come sia riuscito a interpretare l’animo femminile in un momento così delicato e unico per una donna.

Questo libro è uno straziante grido di dolore, un libro che non si dimentica, non adatto a tutti forse, ma che vale assolutamente la pena leggere.



 


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