22 agosto 2018

DAISY FRANCHETTO

Buona sera internauti questa sera voglio parlarvi di un'autrice torinese dal talento fine. Daisy Franchetto ha il sorriso dolce e lo sguardo gentile, non la conosce ancora?


IL MONDO DI DAISY FRANCHETTO



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BIOGRAFIA


Daisy Franchetto è nata a Vicenza, città intrisa di grazia palladiana, ma vive a Torino, città del mistero. Si occupa di counseling.

La scrittura è una passione nascosta che ha iniziato a coltivare tardi.

Ciò che scrive nasce dalle esperienze vissute: il lavoro nelle comunità psichiatriche e per disabili, i viaggi come volontaria in zone di guerra, l’impegno per la difesa dei diritti umani. L’ascolto delle persone in difficoltà e, prima ancora, l’ascolto di se stessa. Il mondo onirico e la ventennale attività di scavo nella psiche.

Da un paio d’anni gestisce il blog The Dayseyes nel quale ospita la rubrica Interviste oniriche, angolino semiserio dedicato ad autori, illustratori, blogger e altre creature fantastiche.
 
 
 
Dodici Porte (Io Sono Lunar Vol. 1)
 
 
 
Lunar camminava nella notte umida da un tempo che sembrava infinito. La strada sterrata era bagnata e piena di sassi. Il piede scalzo si irrigidiva ogni volta che incontrava una pietra aguzza; l’altro, invece, la scarpa ce l’aveva.  I capelli, lisci e lunghi, le si appiccicavano sulla faccia, le ciocche bagnate aderivano al viso come fossero nastri.  L’occhio sinistro era quasi chiuso e il labbro inferiore era gonfio. La giovane donna respirava in maniera affannosa e a tratti un brivido le correva lungo la schiena. L’abito era sporco di terra e strappato. Lo aveva comprato per andare alla festa dei sedici anni di Laura e lo aveva scelto dopo una lunga ricerca, svolazzante tra movimenti di stoffe e girovagare di colori in un piccolo negozio.  Era un vestito perfetto, lei lo adorava. Quella sera era tornata a casa felice e aveva fatto vedere a tutti il suo vestito nuovo. Era bella Lunar quando rideva. Adesso non pensava a nulla. Camminava, camminava e basta. Come se, di tutto il corpo, l’unica cosa che funzionasse davvero fossero le gambe piene di escoriazioni. Non c’erano emozioni, pensieri, immagini, sogni, odori, ricordi. Lunar era stata violentata.

 


 

Un sogno ricorrente.
Ancora una notte, ancora quel sogno, ancora quelle immagini. Sempre le stesse, da tre anni. Ogni volta si aggiungeva un particolare che completava il quadro, ogni volta si svegliava con la stessa nostalgia e la voglia di tornare a casa. Anche se non sapeva dove fosse, ormai, la sua casa. Il sogno iniziava sempre allo stesso modo. Vedeva i suoi piedi decorati con bellissimi tatuaggi color argento. Camminava calpestando candida sabbia, morbida come velluto e fresca. Le minuscole pietre che si mescolavano alla distesa sabbiosa riflettevano i bagliori notturni, allora alzava il capo a contemplare il cielo, sconfinato. Una stella cadente solcava la volta celeste, lasciando una scia luminosa che si dissolveva riassorbita dalla notte. All’orizzonte le Tre Lune sorgevano allineate. Tornando ad abbassare lo sguardo, poteva osservare la vastità del Deserto di Muna, volgendosi a est, l’immenso Bosco degli Alberi Neri e a nord in lontananza la sagoma scura del Palazzo con le sue guglie e le torri. Una risata sgorgava argentina dal centro del suo cuore. Ecco la sua casa, ecco il regno cui apparteneva. Poi una scossa sotterranea la faceva trasalire e un brivido le percorreva la schiena. Guardando a terra vedeva con orrore che la sabbia aveva lasciato spazio a una voragine che correva lunga e profonda verso il Palazzo.
 
Sei Pietre Bianche (Io Sono Lunar Vol. 2)
 
LINK

La crepa nera sembrava portare al centro stesso della terra. Lei restava a guardare inorridita l’oscurità, mentre una voce tetra saliva dal nulla. Si svegliava proprio prima di cogliere ciò che la voce diceva. E fu a quel punto che si svegliò anche quella notte. Riaprì gli occhi di scatto sentendosi perfettamente sveglia e lucida, assalita da quel desiderio viscerale di raggiungere la terra sognata, di salvare quel che restava di un mondo perduto. Rimase sdraiata e immobile ad ascoltare il ticchettio incessante della pioggia sul lucernario. L’appartamento in cui abitava da qualche mese era immerso nel buio. Sinbad era sdraiato al suo fianco, il costato si gonfiava e sgonfiava al ritmo tranquillo del respiro. L’animale aprì gli occhi. « Non riesci a dormire ? » « Ho fatto di nuovo quel sogno, ma non capisco mai cosa dica la voce. » « Non avere fretta », la ammonì il cane. « Dopo tre anni che faccio lo stesso sogno ? No, non c’è fretta », rispose lei sarcastica. « Abbi pazienza Lunar. Il tempo è ormai prossimo. » « Speriamo », sospirò lei, « proverò a dormire ancora un po’. »
 
Tre Lacrime d'Oro (Io sono Lunar Vol. 3)
Il mio nome è Sinbad. Vengo da una Dimensione lontana e semisconosciuta. La mia anima è antica e il mondo cui appartengo è un luogo tanto lussureggiante quanto terribile. Le piante si cibano dell’inconscio di chi si trova a passarvi accanto, restituendo agli incauti visitatori fiori che celebrano sogni nascosti e incubi sconosciuti. Tutti nella mia terra sono venuti a patti con il lato più celato della propria anima. Anch’io. Sono il figlio secondogenito del Re Che Non Ha Nome e non sono mai stato destinato a regnare. Mio fratello maggiore era designato alla carica di futuro re, ma la sua brama di potere e l’inclinazione a tessere trame nascoste l’hanno condotto all’esilio. Da quando se n’è andato, non abbiamo più avuto sue notizie e, nonostante il male che mi ha fatto, ancora penso a lui. Ho amato una sola donna, ma la nostra felicità è stata distrutta dalla maledizione scagliata da una strega. Ho perduto colei che amavo e sono stato condannato a cercarla nello spazio infinito delle Dimensioni sotto sembianze animali. Quando infine ci siamo ritrovati, lei non poteva riconoscermi e io non potevo rivelarle la mia identità. Ho passato tre anni vicino a lei, senza mai poterla sfiorare. Tre anni di amore confuso con l’affetto. Tre anni che ci hanno avvicinati alla mia fine. Poco prima che chiudessi gli occhi sulla vita, ha capito chi ero. Troppo tardi per salvarmi, abbastanza perché potessi pensare, ancora una volta, che l’amavo. Siamo di nuovo lontani, forse per sempre. Mi chiamo Sinbad e il mio corpo giace nella Terra dei Morti, vegliato da una regina misteriosa. Mi chiamo Sinbad e la mia anima non è morta.
 

ILLUSTRAZIONE

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